La vera storia della Lega Lombarda by Cardini Franco

La vera storia della Lega Lombarda by Cardini Franco

autore:Cardini, Franco
La lingua: eng
Format: epub
ISBN: 9788852096433


XII

Al bando dell’impero

Non era a Federico che, tra il febbraio e l’aprile del 1155, i tortonesi avevano resistito: era all’odiata Pavia. Ed erano senza dubbio stati sempre i pavesi, dal canto loro, a suggerire al sovrano, verso la fine d’aprile, di attaccare anche Piacenza. Cosa che egli non fece, un po’ forse perché informato dei movimenti delle truppe milanesi, un po’ perché aveva ormai fretta di arrivare a Roma prima dei calori estivi, portatori di febbri palustri.

Organizzati per porte, gli armati milanesi giunsero a ondate successive alla distrutta Tortona, passando per Piacenza, e tra maggio e giugno ne organizzarono la ricostruzione; è probabile che Obizzo Malaspina collaborasse all’impresa, mentre il marchese del Monferrato teneva a bada i pavesi sconsigliandoli – dopo alcuni non brillanti scontri, nel maggio – dall’intraprendere troppo impegnative azioni di disturbo. Tortona risorse presto: e sembra – ma il relativo documento è sospetto – che Milano le inviasse impegnativi doni simbolici (una tromba, un vessillo, un sigillo) che ribadivano l’alleanza tra le due città.

La marcia di Federico attraverso l’Italia, intanto, procedeva drammaticamente. Nel giugno egli aveva cinto in Roma la corona imperiale, ma aveva dovuto rintuzzare l’ostilità di una parte dei cittadini dell’Urbe e sostenere anche qualche discussione con papa Adriano IV. La paura delle febbri e la fretta dei suoi tedeschi, che anelavano a rientrare alla loro patria e ai loro interessi, lo aveva poi indotto a riprendere a rapide marce la strada del nord. Procedendo per la Flaminia, nel luglio l’armata tedesca aveva investito e saccheggiato Spoleto: un po’ – sembra – per via del diritto di fodro pagato dagli spoletani in cattiva moneta, un po’ perché quelli avevano sequestrato o comunque trattenuto un antico amico e compagno d’arme, dei tempi della crociata, dell’imperatore: il conte Guido Guerra. Ma soprattutto, a quel ch’è dato di capire, Federico aveva pur dovuto concedere qualcosa ai suoi per rifarsi delle spese. Attraverso Ancona – dove ebbe luogo un incontro con gli inviati del basileus bizantino – si procedette verso settentrione e ai primi di settembre si passò l’Adige alla «Chiusa veronese». Là, i veronesi misero in atto un maldestro tentativo di fermare l’esercito imperiale: e non è chiaro se anche in quell’episodio ci fosse direttamente o meno lo zampino milanese. Comunque, le spossanti vicende dall’incoronazione imperiale in poi avevano peggiorato la disposizione d’animo di Federico, il quale – forte ormai anche del consenso e del consiglio dei giuristi bolognesi – emanò dal territorio veronese una constitutio con la quale Milano veniva posta al bando dell’impero: toltile ogni diritto di percezione di pubbliche rendite e ogni autorità sul districtus, le veniva negato altresì il diritto di batter moneta. Tutte le città vicine venivano solennemente ammonite dall’intrattenere rapporti con la ribelle. Il diritto di zecca era trasferito a Cremona. Per il resto, a nessuna città lombarda si accordava tuttavia il diritto di godere in tutto o in parte dei regalia.

Il bando imperiale non era cosa da prendersi alla leggera. L’autorità dell’imperatore romano-germanico non era sentita come qualcosa di puramente temporale;



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